LE IMPLICAZIONI DELLE DISTANZE
A cura di: Antonio Zimarino
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Capitolo 1 

La definizione di un contesto

Studio sui possibili significati e le implicazioni delle “distanze”
tra luoghi e contesti dell’arte.

I.1 - Un’insolita ricerca

 Questo studio si propone di indagare quali oggi siano i tipi di rapporti tra centri e periferie cioè tra luoghi di diversa esperienza artistica, ma soprattutto di provare a capire cosa siano oggi realmente le “distanze” che queste categorie presuppongono. A questo fine, l’indagine tenta di definire le linee attraverso cui sia possibile rilevare una possibile identità, riconoscibilità e specificità espressa dai contesti culturali.

Nella logica di una storia o di una critica d’arte che ha sempre osservato e valutato i fenomeni artistici a partire da un “centro”, sia esso reale, geografico, culturale o convenzionale, ciò che avviene in un’area regionale qualsiasi riferisce a ciò che il “centro” elabora, codifica o stabilisce. Quest’affermazione presuppone naturalmente che qualcuno, per convenzione, comodità o praticità abbia definito cosa sia “centrale” e cosa marginale, che sappia discernere di volta in volta cosa precede e cosa segue, cosa sia autenticamente “centro” e cosa sia di rimando ad esso.

In questa indagine ci interessa esaminare anche il tipo di rapporto che le esperienze umane, culturali e artistiche locali hanno mantenuto con i “centri” e valutare da un lato, i contributi forniti ad essi e dall’altro, se esista una specifica autonomia e identità contestuale e “ambientale” dell’esperienza d’arte. Si tratta anche di definire, almeno nelle grandi linee, quali relazioni definiscano i rapporti e l’influenza di un ambiente culturale e di un territorio sulle personalità artistiche che vi operano e su altre che vi si sono formate, ma che operano altrove. In fondo la storia e la geografia delle arti possono avere un senso e una lettura differente a seconda dal punto da cui le si legge e anche se queste considerazioni non mettono in dubbio le conquiste culturali generali, possono fornire spunti di riflessione importanti, primo fra tutti, la relatività degli stessi concetti di “centro” e “periferia”.

Ma una tale ricerca, nell’età delle globalizzazioni può avere un suo senso ? Direi di si se “globalizzazione” non venga considerata omologazione o massificazione. La corretta globalizzazione prevederebbe un confronto di identità quindi la coscienza dell’identità, una condizione di base per non subire la globalizzazione come “colonizzazione”.

Ci sono territori che storicamente e culturalmente sono stati da sempre “periferia” o comunque marginali ai grandi avvenimenti e ai grandi fatti e come tali, hanno sviluppato un’identità differente da quelli dove la storia e la cultura hanno scorrazzato per secoli. Dal punto di vista delle “periferie” la distanza dai “centri” ha avuto come conseguenza lo sviluppo di una concezione e di un’esperienza originali, ha sviluppato tensioni, aspettative, dinamiche assolutamente a sé stanti, proprie unicamente a quel particolare contesto socio – ambientale e storico – culturale. E’ possibile cercare le tracce di questo “contesto” nelle opere e negli atteggiamenti degli artisti verso gli altri fenomeni contestuali ? Il rapporto con il “luogo” o il “non – luogo”, con la sua identità o “non – identità” come riverbera e come incide nella ricerca artistica? Soprattutto, che parte gioca la comunicazione e la relazionalità con questi “luoghi” o “non luoghi”, nell’elaborazione di una identità artistica e creativa?.

Le domande non mi sembrano peregrine, soprattutto perché la “contestualità” è la condizione in cui si rende visibile, prende forma una identità e una esperienza d’arte e la contestualità ha un ruolo fortissimo nel sistema attuale sia nel dare che nel togliere la visibilità ad una esperienza creativa. I criteri della “visibilità” sono oggi dettati dalle regole della comunicazione e non sono dati propriamente dall’identità di ciò che si mostra. E’ chiaro quindi che una riflessione sull’identità intende portare alla ridefinizione delle ragioni per cui qualcosa è resa visibile o viene occultata.

E’ chiaro che l’identità di una espressione creativa non è data unicamente dalla sua “contestualità” ma se mai, in buona parte, dalla riflessione sulle differenze e i legami con con essa o con altre. L’idea di identità corrisponde quindi, in buona sostanza, all’identificazione delle differenze che una espressione mostra con quelle presenti in aree già definite.

Quali elementi in una artista le tracce lasciate dalla relazione sociale e ambientale che non è mai stata in grado di gratificare completamente la creatività di un artista, ma che comunque anche per questo, ne ha influenzato visioni e forme, idee e rapporti. Penso che questo contesto storico culturale e ambientale così assurdamente originale come quello delle “provincie” resti inciso nei segni nella struttura percettiva e creativa di chi fa arte e che questi segni si riversino nelle opere: certe relazioni, anche se negate, inferiscono comunque sulle scelte espressive e per queste ragioni, esse possono essere riconosciute nell’ambito della cultura artistica nazionale. Infatti, una delle nostre intenzioni è quella di indicare la necessità di ritornare all’analisi dell’opera, provando a mostrare che in fondo centri e periferie oggi siano spesso solo pretesti di comodo per alimentare e indirizzare certe scelte speculative, ad interesse di chi si proclama “centrale” e quindi costituiscono riferimenti convenzionali da superare per tornare a guardare essenzialmente al dato culturale che l’opera  esprime.

Diversi artisti formatisi in contesti provinciali sono poi divenuti personalità rilevanti nel panorama dell’arte internazionale e in qualche modo la qualità della loro opera ha a che fare (sia pur in modo non sempre razionale) con la trafila della propria formazione. Altri artisti che operano in territori e contesti meno indagati dai media riescono a trovare varianti espressive che coniugano problemi dibattuti nella cultura artistica internazionale con spunti di assoluta originalità derivanti dal loro specifico e travagliato percorso di ricerca. Questi ultimi saranno credo, svelati, quando si alzerà quel velo ottundente deposto dall’autoreferenzialità dei “centri”. sull’autonomia dello spazio mentale, relazionale e visivo delle esperienze definite “marginali”. Questo velo è stato gettato frettolosamente e con sufficienza da troppi studiosi che pure hanno “annusato” nella loro carriera, gli accadimenti dell’arte “ai confini” mirando però solo al consolidamento del loro ruolo nei centri, ma anche da un mercato d’arte teso per forza di cose, solo a blandire gli ambienti economicamente capaci di acquistare arte, ambienti che esistono soprattutto nei grandi centri urbani.: questo mercato ha finito per imporre determinati meccanismi di selezione degli artisti. Concausa a quest’operazione di ottundimento è anche il “provincialismo” di molti che nello stesso territorio, hanno male interpretato la ricerca di un’identità, ripiegandosi su atteggiamenti e stilemi di riconoscibilità perdendo il senso del dialogo e della realtà, perdendo contatto e capacità di confronto con l’evoluzione e le ricerche artistiche contemporanee.

Si potrà ovviamente obiettare che forse, per molti artisti, se riconoscimento non c’è stato, non c’era effettivamente nulla che meritasse veramente attenzione e che quindi la marginalità ben si addice alla scarsa qualità. Non è però mio interesse fare una celebrazione o un’assurda esaltazione dei “regionalismi” ed inventare inesistenti conquiste: credo invece che la qualità di molte proposte ed esperienze che maturano nelle “provincie”, sia indubitabile ad una analisi delle valenze formali e speculative delle opere anche perché talvolta indicate proprio dalla critica nazionale, ma purtroppo non seguite dal battage mediatico che può renderli “rilevanti”.

Per ottenere un chiaro successo nazionale, è mancato e manca a molti artisti, il supporto fondamentale del mercato dell’arte, proprio perché molti di essi si sono sottratti e si sottraggono più o meno coscientemente a certi sistemi relazionali che il mercato implica. Buono o cattivo, intelligente o meno, questo comportamento presuppone innanzitutto una centralità dell’etica rispetto alla “prassi”, il che colloca la dimensione di molte di queste ricerche artistiche, aradossalmente in anticipo o almeno, in discrasia con il presente, riguardo il tema della ricerca di identità, nel contesto omologante di un multiculturalismo mercantile (1).

E’ fatto raro che siano le gallerie a cercare artisti, è molto più frequente il contrario: per un forse mal riposto orgoglio o per una sana autonomia intellettuale molti artisti non hanno cercato con determinazione e insistenza il dialogo con l mercato. Altri invece hanno saputo e potuto farlo, riuscendo anche a salvaguardare una certa specificità e identità. Una verità dolceamara del presente è che la consacrazione di un autore si ottiene non necessariamente per gli oggettivi meriti della sua identità e ricerca culturale ma soprattutto per l’interesse e la visibilità che ottiene nel “sistema”. Si potrebbe pensare che, se il sistema non ha “riconosciuto” certe esperienze, questo sia un altro segnale della loro scarsa attendibilità, ma credo che nessuno possa pensare realmente questo se conosce a fondo i modi e le ragioni per cui un mercato si struttura e i processi che legano reciprocamente gli interessi delle gallerie con il sistema della critica, con l’informazione e con gli operatori culturali.

Gli artisti in genere non possono che esprimere ciò che appartiene al loro universo culturale interiore e relazionale e spesso hanno dentro qualcosa di inevitabile che appartiene all’aria che hanno respirato, ai rapporti che hanno vissuto a ciò che hanno visto. Non credo sia inutile ricercare nel contesto territoriale e socioculturale qualche segno o qualche senso reale che si rende presente nelle opere che si realizzano: è la valutazione del modo a cui si risponde a quegli stimoli che rende sensata una analisi, non ovviamente la ripetitività di una presenza conclamata sui media.


(1) CHRISTOF – BAKARGHIEV, C., Il multiculturalismo, in: A.A.V.V., Rendez-Vous dell’arte contemporanea, Lindau – Centre culturel Français de Turin, Torino, 2000, pp.125 – 133, p.126


Theorèin - Giugno 2005